Giorni di guerra by Comisso Giovanni

autore:Comisso, Giovanni [Comisso, Giovanni]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00

1918

PER alcuni giorni si rimase in un paesetto poco fuori di Bassano. Noi ufficiali ebbimo un villino e i soldati dormivano nelle case di contadini. Una mattina entrai nella stanza del mio comandante per informarlo su certi lavori eseguiti e lo trovai che stava facendosi radere la barba dal suo attendente. Parlavano in napoletano tra loro, a momenti egli lo sgridava con esagerazione come per farmi vedere che per quanto fossero dello stesso paese non gli risparmiava i rimproveri. Osservando il tavolino davanti allo specchio, mi accorsi di qualche cosa che mi pareva di avere già visto in altro luogo, ma per di più mi dava un'impressione gradita di tempi lontani. Era uno spruzzetto per profumo che apparteneva a mia madre, la spazzola per i capelli era pure di casa mia e perfino la scatola di celluloide per la cipria. «Queste cose sono mie», dissi. L'altro con tutta indifferenza rispose: «È stato questo fesso di Michele che le à prese per sbaglio». Ma non aveva finito che scorsi sul suo letto una coperta di lana rossa a righe nere, una famosa coperta che mi era stata particolarmente cara in tutto il periodo della mia adolescenza e la tolsi con violenza: «Anche questa è stata portata via per sbaglio?» Con la faccia mezza insaponata, il mio comandante mi guardava cercando di fare l'innocente. «Che vuoi ne sappia io, è stato lui che l'à messa sul mio letto», e indicava l'attendente, il quale con doppio sguardo a me dimostrava stupore e al suo compaesano l'intesa di attribuire pure a lui tutta la colpa. Scattai invelenito: «Io ti ò ospitato in casa mia e tu ti sei comportato così?» L'attendente replicò sostenendo che la coperta gli era stata regalata da un soldato di artiglieria francese, che i soldati dell'artiglieria francese avevano coperte di quella specie, che io mi ingannavo. «Ma non sapete che io la posso riconoscere all'odore? Vi ò dormito sotto per anni.» «Ma no, signor tenente, voi vi ingannate», mi diceva con accento napoletano e l'odio cresceva: «Mi metterò a rapporto con il generale e vi farò andare sotto processo». E uscii furente portandomi via ogni cosa. Nella mia camera fremevo di rabbia: «Ecco dove sono i nemici», mi dicevo. «Altro che gli austriaci.» La guerra mi pareva stupida e ridicola. Poi, guardando questi oggetti che attorno a loro portavano l'aria delle stanze di casa mia, mi calmai. Il rosso della coperta attraeva beatamente. A guardarla mi sentivo come indietro nel tempo: ragazzo e altrove. Era un piacere avere quelle cose di casa mia, in attesa di salire sul Grappa. Le avrei portate con me sempre. Fu bussato alla porta, era il mio comandante che aveva finito di radersi. Veniva a chiedermi scusa per il suo attendente. «Per una coperta tu lo farai condannare, lo manderanno in trincea, pensa che à moglie e figli. Patti pace e lascia fare a me, per darti soddisfazione, gli darò io quattro stangate che gli faranno passare la voglia di non rispettare la roba altrui.» Si faceva untuoso e mi ridestava il dispetto.

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